La metafora dello specchio rotto
di Maria
Stella Grillo
C’era volta una giovane
contadina, cresciuta all’ombra di una grande castello.
Fin da piccola sognava di diventare buona e brava
proprio come, a detta di suo padre, lo erano stata la
madre e prima di lei la nonna. Aveva però un problema
con le misure. Si chiedeva continuamente cosa volesse
dire essere buona e brava, e quanto doveva esserlo per
sentirsi in pace con se stessa? Poiché non si sentiva
mai a posto con la coscienza, era sempre molto
indaffarata ad aiutare il prossimo e a servire la regina
che ammirava con tutto il suo cuore. A volte si sentiva
stanca e senza forze ma non poteva fermarsi: il senso di
colpa per la sua pigrizia era una frusta inflessibile.
Un giorno un paggio le disse che la regina possedeva una
specchio magico in grado di dire con esattezza quanto
una persona era buona e brava. Doveva trovare lo
specchio e avere finalmente le risposte che cercava. Una
notte, mentre tutti dormivano, sgattaiolò nel castello e
silenziosamente perlustrò tutte le stanze alla ricerca
dello specchio magico. Ad ogni specchio che incontrava
faceva le domande di prova, ma nessuno le rispondeva.
Scoraggiata stava percorrendo la strada del ritorno
quando le prime luci dell’alba le mostrarono quello che
rimaneva di uno specchio rotto. Raccolse il pezzo più
grande e chiese alla sua immagine riflessa: -sono
abbastanza buona e brava?- L’immagine riflessa le
rispose: -potresti fare di più.- .-Ma che cosa vuol dire
fare di più? Io faccio quello che posso ma non so se è
abbastanza.- Lo specchio smise di riflettere e la
giovane si ritrovò sola con i suoi dubbi. Allora
raccolse un altro frammento e, guardandolo intensamente,
disse: -Io faccio quello che posso ma non so se è
abbastanza e vorrei tanto saperlo.- Lo specchio le
rispose con un’altra domanda: -chiediti per chi lo fai e
come lo fai e saprai chi sei.-. Ancora più confusa e
smarrita la povera contadina lasciò cadere il frammento
e se stessa sul pavimento. Il desiderio di trovare la
parte dello specchio che finalmente le avrebbe dato la
risposta “giusta” era forte, ma aveva paura di trovarsi
di fronte a qualcosa che non poteva comprendere. -Per
chi lo faccio tutto quello che faccio?- Sospirò tra sé.
Avrebbe voluto convincersi rispondendo: - per gli altri-
ma lo specchio leggeva i suoi pensieri e sorrideva
beffardo. Allora passò alla seconda domanda: - Come lo
faccio?- Mentre cercava una risposta, le tornò in mente
il volto delle persone che aveva ingannato, facendo leva
sui loro bisogni e promettendo quello che lei non era in
grado di dare, solo per sentirsi importante e avere in
cambio lodi e ringraziamenti. Ora lo specchio rifletteva
lacrime e compassione. E allora raccolse il frammento
più piccolo, che luccicava come un coriandolo dopo una
notte di carnevale, lo avvicinò al volto ma non aveva
più domande solo un grande, spaventoso vuoto. E lo
specchio sorrise, come una mamma quando abbraccia la sua
bambina che ha paura.
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